Nel duomo vecchio di Molfetta è riposto un grande crocifisso di terracotta. L’ha donato, qualche anno fa, uno scultore del luogo. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete di un locale della sacrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta “Collocazione Provvisoria”. La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell’opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito.
Collocazione provvisoria! Penso che non ci sia formula migliore per definire la croce: la mia, la tua, non solo quella di Cristo. Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i rimorsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell’abbandono. Non imprecare, sorella che ti vedi distruggere giorno dopo giorno dal male che non perdona. Asciugati le lacrime, fratello che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire. Non abbatterti, fratello povero che non sei calcolato da nessuno.
Coraggio! La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre “Collocazione provvisoria”. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce. C’è una frase immensa che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo: “Da mezzogiorno alle tre si fece buio su tutta la terra”. Forse è la frase più scura della Bibbia. Per me è una delle più luminose. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota! Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.
Coraggio allora, fratello che soffri. C’è anche per te una deposizione dalla croce. C’è anche per te una pietà sovrumana.
Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua. Ecco un volto amico, intriso di sangue e coronato di spine, che sfiora con un bacio la tua fronte febbricitante. Ecco un grembo dolcissimo di donna che ti avvolge di tenerezza. Tra quelle braccia materne si svelerà, finalmente, tutto il mistero di un dolore che ora ti sembra assurdo. Coraggio. Mancano pochi istanti alle tre di pomeriggio! Tra poco, il buio cederà posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali, e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.
Fonte: Tonino Bello, Il parcheggio del calvario, in Omelie e scritti quaresimali, vol. 2, p. 307, Luce e Vita