LA CADUTA DELL'ANGELO (1923 - 1933 - 1947) Marc Chagall (1887 - 1985) Kunstmuseum - Basilea Tela cm. 148 x 166

Alla memoria di un angelo

Un angelo caduto dal cielo per il troppo peso. Sono queste le parole con le quali affettuosamente, nel lessico familiare, mi hanno insegnato fin da piccolino a rivolgermi ad una persona cara mostrando così il nostro amore per lei. Un “angelo” che ha condiviso il nostro percorso, ha camminato accanto a noi e ora non è più qui. Vivere l’esperienza del distacco, della mancanza, della perdita di una persona cara fa parte della nostra vita, ci appartiene. Partendo da questa esperienza comune ho raccolto alcune suggestioni.

Una musicale, il concerto di Alban Berg  per violino e orchestra (1935) “Alla memoria di un angelo”. Il fatto decisivo, che fece scattare la decisione di iniziare la composizione più volte rimandata, fu la morte per poliomielite di Manon Gropius, figlia diciottenne di Alma Mahler e dell’architetto Walter Gropius (ideatore e fondatore di quella fucina di idee e di talenti che fu – nella breve stagione della Repubblica di Weimar – il Bauhaus).

La seconda suggestione è un dipinto di Marc Chagall che ha come titolo, La caduta dell’angelo. Opera che vide la luce in un arco di tempo molto lungo, circa ventiquattro anni: dal 1923 al 1947. Mostra il dolore e la sofferenza nella quale è immersa l’umanità che stava vivendo un periodo buoio della storia del novecento europeo. Non mancano nell’ultima ripresa dell’opera accenni di speranza: Cristo in croce, la Vergine con il bambino e il candelabro.

L’ultimo accostamento che ho fatto è ad una poesia di Alda Merini, Solo una mano d’Angelo. Un angelo che ci possa offrire la concavità del suo palmo affinchè possiamo riversare il nostro pianto è un’immagine molto evocativa della necessità di qualcuno cui mostrare e forse affidare, perchè capace di farsene carico in modo autentico, il nostro dolore, ciò che ci appartiene di più intimo. Qualcosa di così profondo e potente che ci fa sentire indifesi. Mostraci indifesi ci fa paura, ci rende fragili e vulnerabili. Alda Merini sembra ritenerla un’opera titanica, impossibile per un essere umano; solo un angelo può raccogliere un sentimento così profondo, solo a lui si può affidare questo lato così delicato della nostra vita.


Alda Merini, Solo una mano d’Angelo

Alda Merini
Alda Merini

Solo una mano d’Angelo
intatta di sé, del suo amore per sé,
potrebbe
offrirmi la concavità del suo palmo
perché vi riversi il mio pianto.
La mano dell’uomo vivente
è troppo impigliata nei fili dell’oggi e dell’ieri,
è troppo ricolma di vita e di plasma di vita!
Non potrà mai la mano dell’uomo mondarsi
per il tranquillo pianto del proprio fratello!
E dunque, soltanto una mano di Angelo bianco
dalle lontane radici nutrite d’eterno e d’immenso
potrebbe filtrare serena le confessioni dell’uomo
senza vibrarne sul fondo in un cenno di vita ripulsa.

Alda Merini (da Paura di Dio)


Marc Chagall, La caduta dell’Angelo

LA CADUTA DELL'ANGELO (1923 - 1933 - 1947) Marc Chagall (1887 - 1985) Kunstmuseum - Basilea Tela cm. 148 x 166
LA CADUTA DELL’ANGELO (1923 – 1933 -1947) Marc Chagall (1887 – 1985) Kunstmuseum – Basilea Tela cm. 148 x 166

Non è possibile comprendere un’opera come LA CADUTA DELL’ANGELO senza fare riferimento al tono drammatico e inquieto che caratterizza la produzione di Marc Chagall, pittore dell'”espressionismo lirico totale”, come lo definì André Breton.

Il dipinto fu eseguito durante gli anni della guerra, iniziato nel 1923 fu terminato solo nel 1947. Cosciente della sorte dell’umanità, Marc Chagall lavora con pena ed angoscia; è ossessionato dalle immagini della Russia invasa dall’esercito tedesco e la sua produzione è cupa e drammatica. L’artista materializza i suoi presentimenti e timori in questa CADUTA DELL’ANGELO nella quale inquietanti chiarori di un incendio illuminano la notte, con un effetto cromatico vigoroso e suggestivo, ove i blu e i grigi sono lacerati dai contorni fiammeggianti dell’angelo. E’ una visione apocalittica che, nella caduta della creatura celeste su di una umanità senza difese, riassume tutti gli orrori della guerra. La drammatica esperienza degli anni del conflitto bellico rende attuale questa catastrofe cosmica, inizio del male che qui si manifesta nell’interezza della sua essenza simbolica. Il dipinto è particolarmente importante per Marc Chagall e ciò è dimostrato dall’ampio arco di tempo (24 anni) necessario alla sua realizzazione. Egli affronta il tema per la prima volta nel 1923, la tela sarà quindi abbandonata per una decina di anni. Nel 1933 l’artista avverte il dramma della catastrofe nella quale l’umanità è sul punto di precipitare; riprende l’opera e traccia gli elementi essenziali: la grande massa rosso sangue, il rabbino che protegge il rotolo contenente la Torah, la sua città natale (Vitebsk), in basso a destra. La terza fase è più tarda e risale al 1947; l’Europa è uscita dalla spirale di morte, la violenza si è attenuata: il Cristo in croce, la Vergine e il Bambino, un candelabro offrono un bagliore di compassione, di misericordia.

MARC CHAGALL DURANTE GLI ANNI DELLA GUERRA

Gli anni del conflitto mondiale furono molto difficili per Marc Chagall che, nel 1941, lasciò la Francia per recarsi in America, dove rimase fino al 1947. Nel 1944 morì sua moglie Bella; la scomparsa di colei che fu non soltanto la sua compagna ma anche il sostegno del suo universo poetico lo lasciò sconvolto. Per quasi un anno l’artista non trovò la forza di dipingere e le sue tele rimasero, in seguito del lutto, rivolte verso il muro, come se i colori non potessero vivere né esprimersi. Nel 1945 Chagall si dedicò completamente alla pubblicazione degli scritti di Bella, che furono editi col titolo LUMIÈRES ALLUMÉES. Successivamente realizzò le scenografie e i costumi per la rappresentazione de L’UCCELLO DI FUOCO di Stravinskij messa in scena dal Ballet Theatre di New York. In questo periodo venne ultimata LA CADUTA DELL’ANGELO. Alla fine della guerra il pittore rientrò in Francia e, nel 1949, si stabilì definitivamente a Saint-Paul-de-Vance; in questa splendida zona del Midi ritrovò progressivamente una serenità interiore che gli consentì di recuperare la sua delicata e poetica visione della realtà. Prevalgono i colori, si sdrammatizzano i soggetti, le sue opere continuano a parlare, malgrado tutto, dell’eterna bellezza visuale.

Fonte: http://sauvage27.blogspot.it/2010/06/la-caduta-dellangelo-1923-1933-1947.html


Alban Berg – Concerto per violino e orchestra (1935)
“In memoria di un angelo”

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