In questa domenica dedicata alla Sacra Famiglia ricreiamo una sorta di oasi speciale, sospendendo il nostro percorso biblico. È nota l’espressione che definisce la Scrittura il “grande codice” della civiltà occidentale, ossia il punto di riferimento ideale non solo per la fede ma anche per la cultura di tutti. Basta varcare la soglia di una pinacoteca o studiare la letteratura dei secoli scorsi per accorgersi che una buona parte dell’arte e degli scritti risulta incomprensibile senza la Bibbia.
Uno dei tantissimi soggetti sacri rappresentati è la scena familiare di Maria, Giuseppe e del piccolo Gesù messi quasi in posa come accade ai nostri giorni nelle istantanee fotografiche delle famiglie. Il più comune di questi dipinti, presente in passato in molte case cristiane è la Sacra Famiglia del pittore spagnolo di Siviglia Bartolomé E. Murillo (1618-1682), conservata al Museo del Prado di Madrid. Io, invece, vorrei riproporre un’altra tela. Anni fa, visitando l’Ermitage di San Pietroburgo, rimasi a lungo nella sala ove sono collocate varie opere di Rembrandt, grande pittore e incisore olandese del Seicento.
Mi aveva, infatti, conquistato la sua straordinaria rilettura della cosiddetta “parabola del figliol prodigo” del Vangelo di Luca (15,11-32) centrata sulla figura del padre mentre accoglie e abbraccia il figlio. In quell’occasione scoprii una curiosa e dolce Sacra Famiglia che l’artista avrebbe dipinto attorno al 1645 (nella foto a inizio pagina). La raffigurazione rispondeva a un criterio tipico dell’arte cristiana: “attualizzare” il testo biblico incarnandolo nella propria esistenza quotidiana. In questo caso impressiona Maria che, tutta china sulla culla del suo piccino, come una mamma premurosa, con la mano destra tira una piccola coperta sul tettuccio della culla, mentre nella sinistra regge una Bibbia
È significativa l’atmosfera realistica della scenetta, anche nel bambino Gesù che placidamente dorme e che Maria vuole proteggere dalla luce col panno che sta distendendo. La tenerezza dell’insieme rivela un aspetto “attualizzante”: Rembrandt aveva sperimentato più di una volta nella sua vita la perdita di un figlio ancora neonato. In quel dipinto la quotidianità continua a manifestarsi con la figura di Giuseppe, impegnato nel suo lavoro di falegname. E proprio nel suo gesto – come in quello di Maria – si intravede la dimensione teologica che il pittore voleva assegnare al ritratto.
Giuseppe, infatti, sta sgrossando un tronco e la forma risultante, ancora ambigua, può essere quella di un giogo, che richiamerebbe la frase di Gesù: «Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero» (Matteo 11,30). Oppure potrebbe trattarsi del palo evocativo della croce, il destino ultimoterreno di quel Bambino. Il gesto della Madre potrebbe alludere alla copertura del Cristo con la pietra tombale. Molte icone russe, infatti, a partire dalla scuola di Novgorod (XV sec.), raffigurano la mangiatoia in cui è deposto il piccolo Gesù come un sepolcro. E gli angeli in volo nella tela di Rembrandt confermano questo incrocio nella famiglia di Nazaret tra divino e umano, tra eterno e storia.
24 dicembre 2014, Gianfranco Ravasi
Fonte: http://www.famigliacristiana.it/blogpost/la-sacra-famiglia-di-rembrandt.aspx