Cari bambini, mi chiamo Todà e sono un dromedario; oggi voglio raccontarvi cosa mi è successo quando ero piccolo… piccolo come voi!
Prima di tutto devo dirvi che noi dromedari, come i cammelli, siamo animali veramente straordinari, con una grandissima forza e resistenza: nella nostra gobba immagazziniamo grasso e liquidi che ci permettono di vivere nel grande caldo del deserto; possiamo resistere senza bere anche 8 giorni di fila! Le nostre zampe sono state create in modo da non sprofondare nella sabbia e riusciamo a trasportare anche 200 kg di merce in una volta sola!
Per questo i popoli del deserto si sono sempre fidati molto di noi per i loro viaggi e per questo ci hanno addirittura soprannominati “navi del deserto”! Eh sì, avete capito bene: ci chiamano così perché il deserto è come un immenso mare di sabbia e solo noi riusciamo ad attraversarlo, cavalcando le dune come una nave cavalca le onde! E dovete sapere che siamo in grado anche di affrontare le tempeste di sabbia, perché abbiamo due fila di ciglia per proteggere i nostri occhi e le nostre narici si chiudono così bene che neppure un granello di sabbia può entrare nel nostro naso.
Quando ero piccolo il mio papà e la mia mamma mi hanno insegnato subito tutte queste cose e i miei nonni mi hanno raccontato tante storie sui nostri antenati “navi coraggiose del deserto”! Io li ascoltavo ed ero orgoglioso di essere un dromedario e fantasticavo sul mio futuro: volevo diventare il dromedario più forte e più bello di tutti i deserti! Volevo diventare un eroe! E se gli altri riuscivano a bere 130 litri di acqua in dieci minuti…. Io sarei riuscito a bere almeno 160 litri d’acqua! Tutti avrebbero parlato di me! Oh… che meravigliosa nave del deserto sarei diventato!
I miei nonni, quando dicevo queste cose, ridevano e mi dicevano di stare tranquillo e di non fare grandi sogni, ma di attendere semplicemente il sogno giusto per me, ma io non capivo bene cosa volessero dire con questa frase e dopo un po’… ricominciavo a descrivere i miei grandi sogni di piccolo dromedario!
Un giorno, nel villaggio in cui vivevo, arrivò un cammello da molto lontano e si mise a raccontare del suo ultimo viaggio: tutti noi, piccoli e grandi, ci radunammo attorno a lui per ascoltarlo mentre parlava della bellissima oasi che aveva visto con il suo padrone. Un luogo meraviglioso, con acqua, fiori bellissimi e coloratissimi, frutti saporiti mai visti prima! E più lui descriveva ogni particolare, più i miei occhi si spalancavano e il mio desiderio di visitare quel luogo cresceva! E così dissi pieno di entusiasmo: “ci voglio andare anch’io!!!”.
Tutti, attorno a me, si misere a ridere di gusto… anche la mia mamma e il mio papà e i miei nonni e il cammello, con aria di superiorità, disse: “E’ piccolo … non sa quello che dice! Non sopravvivrebbe mai ad un simile viaggio!”. E tutti gli diedero ragione.
Ero furioso! Come poteva dire una cosa simile di me senza neppure conoscermi? Lui non sapeva che io, ogni giorno, mi allenavo per riuscire a bere più acqua di tutti gli altri in soli dieci minuti! E perché tutti continuavano a ridere?
Mi sentivo preso in giro e scappai via piangendo, ma mentre scappavo mi dissi che una vera nave del deserto non avrebbe pianto e soprattutto… una vera nave del deserto avrebbe dimostrato a tutti cosa era in grado di fare! E così presi la grande decisione: quella notte sarei scappato dal villaggio ed avrei fatto il primo grande viaggio della mia vita per arrivare alla meravigliosa oasi!
Attesi il momento giusto e, mentre tutti dormivano profondamente, mi allontanai dalla mia casa e poi dal villaggio. Era una notte senza luna e nessuno notò la mia fuga. Mi sentivo grande per ciò che stavo facendo e per allontanare quel pochino di paura che avevo del buio ripensai alle storie che mi raccontavano i nonni e improvvisamente mi tornò in mente anche quella loro frase così strana: “devi attendere il sogno giusto per te…”. Chissà cosa voleva dire? Tutti dicevano che i nonni erano molto saggi… ma io non avevo ancora capito neppure cosa significasse essere saggi, purtroppo!
Intanto camminavo e camminavo sulla sabbia, al buio; sorpassai una duna, poi un’altra. Cercavo di ricordare quello che il cammello aveva detto per capire quale direzione prendere ma non era affatto semplice. Però pensavo che non fosse colpa mia, ma del buio che non mi permetteva di orientarmi bene! Io ero una nave del deserto coraggiosa e valorosa, come potevo sbagliare?
Ad un certo punto mi fermai per riposare un po’ e dalla sabbia sbucò fuori un animaletto simpatico: una volpe del deserto, un fennech ! Mi chiese dove stessi andando e quando gli dissi che ero diretto in un’oasi meravigliosa mi disse di non averne mai sentito parlare e mi consigliò di tornare a casa, perché non era una buona cosa che un piccolo dromedario se ne andasse in giro da solo di notte. Non mi parve più tanto simpatico! Lo salutai e ricominciai a camminare.
Quando arrivò l’alba mi guardai intorno: sabbia, dune di sabbia e altra sabbia! L’oasi non si vedeva ancora. Accanto a me vidi uno scorpione che mi chiese cosa facessi in giro da solo e così raccontai anche a lui dell’oasi meravigliosa e anche lui mi disse di tornare a casa, perché non ne aveva mai sentito parlare. Figuriamoci! Tutti sanno che gli scorpioni sono velenosi…. Mi dissi che probabilmente erano anche bugiardi e ricominciai a camminare senza neppure salutarlo. E così camminai un giorno… due giorni… tre giorni, ignorando anche i consigli di un paio di serpenti che incontrai la notte successiva; mi avevano chiesto se avessi bisogno di aiuto, ma io, valorosa nave del deserto, dissi di no!
Eppure sapevo bene di essermi perso… ma ero cocciuto e orgoglioso e andai avanti.
Ero al quarto giorno di viaggio, quando si alzò un vento strano, un vento che improvvisamente sollevò la sabbia di una duna intera e me la scagliò contro: era una tempesta di sabbia! Chiusi le narici e abbassai le ciglia per proteggermi e provai a camminare per dimostrare al vento che ero comunque più forte di lui: come i miei antenati! Il vento era davvero terribile… e sembrava ridere di me: alzava la sabbia e me la gettava addosso senza fermarsi! Lottai contro di lui, ma ad un certo punto mi resi conto che dovevo fermarmi: iniziai ad avere paura!
Mi accovacciai e rimasi ad aspettare e il vento, accorgendosi di avere vinto, se ne andò. Mi sembrava di essermi risvegliato da un incubo…
“Ma cosa ho fatto?” iniziai a piagnucolare. “Chissà dove sono? Chissà dove sarà il mio villaggio?”
Dalla sabbia spuntarono improvvisamente prima il fennech, poi lo scorpione e infine i due serpenti incontrati nei giorni precedenti.
“Non dirmi che ti sei perso…” .Disse la volpe del deserto.
“O che hai paura”. Continuò lo scorpione.
“O che torneresti volentieri a casa”. Aggiunsero i due serpenti.
“Sì – risposi io piangendo – tutte e tre le cose! Mi sono perso, ho paura e vorrei tanto tornare a casa! E adesso so che vi metterete a ridere e a prendermi in giro! E avete ragione perché mi sono comportato male con voi….”
“Ma no!” Disse il fennech.
“ Hai soltanto seguito il sogno sbagliato! Può capitare a tutti….una volta l’ho fatto anch’io…”aggiunse lo scorpione.
“L’importante è accorgersene in tempo…” conclusero i due serpenti.
“Anche i miei nonni dicono sempre qualcosa di simile, ma io non capisco mai cosa vuol dire…” Dissi io.
“Vieni con noi” Mi proposero “ le dune e le stelle in queste notti hanno parlato di una grande luce che si è accesa laggiù, in quella direzione. Una luce che può illuminare la vita di tutti. Noi andiamo a cercarla… siamo stufi di vivere solo di sabbia e sabbia e sabbia…”
“Ma io non ho sentito le dune e le stelle parlare di una luce…. Non ho sentito nulla!” dissi io.
“Eri troppo impegnato ad ascoltare i tuoi grandi sogni, piccolino…. E non sentivi nient’altro!” Mi disse il fennech.
Aveva ragione e siccome non avevo alternative e non volevo rimanere nuovamente solo, mi incamminai con loro, rimanendo in silenzio. Volevo tanto tornare a casa…. Era il mio desiderio più grande…. Era il mio nuovo sogno!
Il nostro viaggio durò altri due giorni e al calare della terza notte, quando stavo ormai esaurendo le mie riserve di acqua e di energia, ci trovammo di fronte ad un piccolo villaggio. Attorno a noi c’era molta altra gente che stava arrivando e ci chiedevamo come mai tutti andassero verso un’unica direzione. Li seguimmo anche noi e arrivammo davanti ad una stalla, dove una giovane mamma teneva tra le braccia un bimbo appena nato.
Ero stanco, tanto stanco e mi coricai accanto a quelle mura, pensando al mio nuovo sogno: tornare a casa! E due grosse lacrime scesero dai miei occhi.
In quel momento tra la folla che se ne stava davanti alla stalla ci fu un po’ di agitazione: tutti si spostarono per fare spazio a qualcuno, ma i miei occhi si stavano chiudendo per la grande stanchezza.
“Todà! Piccolo mio…. Sei tu!” Era la voce della mia mamma, alla quale seguì quella del papà e poi quella del nonno!
Come’era possibile? Spalancai gli occhi e li vidi davanti a me: trasportavano tre uomini che non avevo mai visto e che avevano tra le mani doni preziosi per la giovane mamma e il suo bimbo: oro, incenso e mirra. Tutti stavano in silenzio, ma sentivo chiaramente le stelle e le dune cantare una ninna nanna. Avevo realizzato il mio nuovo sogno, il sogno giusto: ritrovare la mia famiglia! Ora piangevo per la gioia e il nonno mi sorrise e mi disse:
“Sei andato in cerca dell’oasi meravigliosa?”
“Sì – risposi – e l’ho trovata! E’ nel sorriso di questa giovane mamma, negli occhi del suo Bambino… e nella gioia di avervi ritrovati proprio qui!”
Il nonno sorrise e mi disse:
“Bravo, piccolino! Sei diventato un dromedario saggio dopo questo viaggio!”
Tornai al mio villaggio con loro e da quel giorno, quando qualcuno mi chiama “nave del deserto” dico che il mio nome è Todà… umile barchetta del deserto! E, specialmente ai piccoli dromedari, racconto che non c’è un’oasi più bella di quella che ci prepara Gesù!
Rossella Galletti
Professione principale: mamma. Mi piace scrivere (tanto) da sempre favole e racconti che nascono nel mio tempo libero, cioè da mezzanotte all’una di notte, dopo aver raccolto i cinque chilogrammi di Lego che i miei figli sparpagliano per tutta la casa ogni giorno.
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