Regia: Oliver Hirschbiegel. Interpreti: Bruno Ganz, Alexandra Maria Lara, Corinna Harfouch, Ulrich Matthes, Juliane Köhler. Durata: 150′, colore. Dvd.
Il film, che si avvale della consulenza storica di Joachim Fest, grande studioso del Terzo Reich e massimo biografo di Hitler, racconta gli ultimi dodici giorni della vita del dittatore e dei suoi più stretti collaboratori nel bunker di Berlino, dal 20 aprile 1945, l’ultimo compleanno del führer, al 2 maggio 1945, giorno della resa tedesca. È la prima volta che il cinema tedesco affronta un ritratto in primissimo piano di Hitler, con una produzione impegnativa e ad altissimo budget (15 milioni di euro, girato tra San Pietroburgo e Monaco).
A dare spessore a un personaggio scomodo e controverso è l’attore svizzero Bruno Ganz, che interpreta Hitler ormai alla fine, afflitto dai tremori del morbo di Parkinson, con una gamba malata, gentile e attento con le donne e i bambini che lo circondano nel bunker, ma senza nessuna pietà per il popolo tedesco. Continuando a negare l’evidenza, mentre l’esercito russo avanza a Berlino e nessuno dei suoi uomini più fedeli ha il coraggio di contraddirlo, Hitler rifiuta la capitolazione.
Oltre a ispirarsi al libro di Fest “Dentro il bunker di Hitler”, il film fa riferimento al diario della sua segretaria, Traudl Junge, “Fino all’ultima ora”. Proprio dal punto di vista di questa giovanissima assistente il regista e lo sceneggiatore Bernd Eichinger (anche produttore) hanno scelto di raccontare gli ultimi giorni nel bunker. In due ore e mezza il film alterna le vicende nel bunker della Cancelleria, dove si decidono le sorti del Paese, si balla, si mangia e soprattutto si beve, alle battaglie in corso a Berlino, lentamente conquistata dall’Armata rossa, inutilmente difesa da soldati e civili tedeschi che ingaggiano anche adolescenti per contrastare l’avanzata.
Hitler è circondato dai suoi generali, dalla sua amante Eva Braun (che sposa prima di suicidarsi), dal ministro Goebbels e dalla moglie (che uccide i figli prima di togliersi la vita con il marito). Alla morte del dittatore e della sua compagna (dopo aver tolto la vita al cane Blondi), seguono una serie di suicidi a catena da parte dei fedelissimi, anche se le sequenze più dure si riferiscono alla freddezza con cui la signora Goebbels avvelena uno dopo l’altro i sei bambini precedentemente addormentati.
La caduta è stato accusato da alcuni giornali di aver ritratto Hitler in modo troppo umano, mostrandolo mentre mangia, mentre ascolta i canti dei figli di Goebbels, mentre mostra tenerezza verso la segretaria e gratitudine per la cuoca che gli prepara l’ultimo piatto. Ma il film non manca di mostrare il dittatore come un uomo senza compassione: non ne prova per il popolo tedesco, “non verserò una sola lacrima per loro, non meritano nulla di meglio”, non ne prova per i suoi soldati, che reputa tutti “vigliacchi”, o per i suoi generali, “tutti traditori”.
Il regista Oliver Hirschbiegel chiude il film con la testimonianza della vera Traudl Junge che, qualche tempo prima di morire, raccontò:
“Quando, dopo il processo di Norimberga, venni a sapere cosa era veramente successo, tirai un sospiro di sollievo nello scoprire che il mio lavoro di segretaria non aveva a che fare con quello. Poi però passando davanti alla targa affissa in ricordo di Sophie Scholl scoprii che avevamo la stessa età e nell’anno stesso in cui lei veniva uccisa io cominciavo a lavorare per Hitler. Il fatto che fossimo giovani non ci giustifica dal non aver saputo”.
(Rita Celi, “la Repubblica”, 19 aprile 2005)