Avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava. Mt 26,39
I
«Ed ora a noi due», avanti
di aprire per l’estremo
giudizio le carte:
anche Tu
inoltrandoti ormai nella Notte
solo, assenti
i tuoi o lontani,
gravati gli occhi dal sonno;
solo
anche tu con la mole
del mondo sul cuore;
solo
sotto la cupa volta del cielo,
un cielo ancor più assente
e sordo
e lontano;
e la Notte nera,
via via ancor più nera: e gli occhi
un grumo di lacrime e fango,
lacrime e sangue:
sangue dalla fronte, dal viso
dalle mani, sangue e terra
e fili d’erba sulla bocca;
anche Tu, solo:
solo uomo, perfettamente uomo, pienezza
di umanità: «Per questo
per questo…».
Interrompa
il novello scriba le ciance,
ritorni il silenzio!
Mai nessuno ha saputo.
Per voi, o Teologi, lasciate…
II
Perfino gli olivi piangevano
quella Notte, e le pietre
erano più pallide e immobili,
l’aria tremava tra ramo e ramo
quella Notte.
E dicevi:
«Padre, se è possibile…». Così
da questa ringhiera
quale un reticolato da campo
di concentramento, iniziava
la tua Notte.
Si è levata la più densa Notte
sul mondo: tra questa
e l’altra preghiera estrema:
«Perchè, ma perchè, mio Dio…»
Notte senza un lume: disperata
tua e nostra Notte. «Perchè…?»
III
Anche Tu
hai urlato «perchè» dall’alto
di quella cima, e nessuna
risposta è venuta (allora!)
E l’urlo si spandeva a onde
nel cielo – almeno allora – vuoto,
squarciato dal tuo grido cui
una eco interminabile
ancora si effonde
di balza in balza su clivi
di millenni: «perchè perchè…».
E dunque,
anche Tu
finivi con la certezza di essere
un abbandonato.
Anche Tu
non sapevi! E hai gridato il perchè
di tutti i maledetti, appesi
ai patiboli. E non era
desiderio di sapere le ragioni
del morire: non questo,
non la morte è l’enigma (oh,
la bella morte di chi
operoso e carico di anni
saluta i figli e tramonta come
dopo lungo giorno il sole
si cala a sera).
Mistero è che nessuno comprende
come tu possa, Dio, coesistere
insieme al Male insieme al lungo
penare di un bimbo, insieme
alla interminabile agonia del Giusto;
quando la certezza di essere soli divampa
dagli occhi del torturato (e Tu
non intervieni); quando
il sospetto del Nulla ti avvinghia e navighi,
mozzato il respiro, entro irreali abissi.
E’ questo tuo abbandono
il più nero enigma, o Cristo.
IV
E dunque
anche Tu
ateo?… Fu questa
la tua vera Notte, Signore,
la tua discesa agl’Inferi
avanti che ti accogliesse
nel suo ventre la Terra.
Credere in Lui e dubitare
di Lui, dire a tutti che ti ama,
e consumarti di amore, e sentire
che sei abbandonato.
«Padre, Abbà, papà!…»
Ora invece appena: «Dio»;
sia pure «tuo Dio»!
Alla fine, dunque, non più padre?
O, perfino, che non esista?
Ma come poi
avresti potuto dire:
«Nelle tue mani rimetto lo spirito»?
Aresti vinto per un atto di fede
senza speranza?
Pur perduto dentro l’abisso del Nulla
ancora credevi?
V
Sappiamo, sappiamo che fosti
«esaudito per la tua pietà»:
Resurrezione, non altro
è la risposta.
Ma Tu non sapevi!
Come noi non sappiamo. E compatta
ancora sale sul mondo
la Notte.
David Maria Turoldo
O sensi miei…, pp. 604-608
Approfondimenti
Padre Turoldo, profeta di un “Dio la cui passione è incarnarsi” a cura della Prof.ssa Daniela Negri