Candela di Natale

Bello don Tonino, A Maria e Giuseppe in cerca di alloggio

Una mangiatoia: che clinica
di lusso per il figlio di Dio!

 

Poiché mi dicono un po’ tutti che, con la storia della gente senza casa, ho rotto l’anima all’intera città, ho deciso di interpellarvi come esperti, sicuro che almeno voi non direte che mi pongo un “falso problema”.
Vi spiego la frase tra virgolette, che non si usava ai vostri tempi. è una espressione tutta moderna che sta avendo fortuna. Anzi, pare che vogliano dare il premio Nobel a chi l’ha inventata. Quando, infatti, un problema o non lo si vuole affrontare, o si è incapaci di risolverlo, basta dichiararlo falso, e il gioco è fatto. Oggi molti problemi qui da noi li stiamo risolvendo così.
Ora, dicevo, voi che ve ne intendete, non potreste farmi sapere, a stretto giro di posta, il vostro parere personale sul problema degli sfrattati? Perché, se anche per voi è falso, son disposto ad archiviare la questione e a non parlarne piè.
Dal momento che in questi giorni sono spesso in giro a inaugurare capanne di Betlem, la risposta, se non vi dispiace, fatemela recapitare presso la famiglia *** che abita sulla provinciale Molfetta-Terlizzi in un tugurio di pochi metri quadrati tanto simile a quello dove nacque Gesù. Sono in otto persone. Qualcuno lo troverete sempre in casa (scusatemi: volevo dire è in grotta è).
A proposito di presepio, toglietemi una curiosità: ma quella del Natale ve la ricordate come la notte piè bella o come la notte più amara della vostra vita?
Vero è che, con tutti quegli angeli che inondarono di luce e di canti la capanna di Betlem, la cosa andò a finir bene; ma ho l’impressione che ancora oggi, quando pensate a quell’avvenimento, un’ombra di mestizia attenui la vostra beatitudine del paradiso. Sì, perché, accanto alla è notte santa è, c’è stata una lunghissima “notte empia” che voi avete vissuto nella paura e nel pianto, tenendovi per mano.
Quanti rifiuti, quante porte in faccia, quanto strozzinaggio.
Hanno chiesto pure a voi migliaia di sicli a fondo perduto? Vi hanno riso in faccia dichiarando che degli affitti a equo canone non sapevano che farsene? Hanno preso in giro pure voi dicendovi che le abitazioni a piano terra si concedevano solo per uffici, o per negozi, o magari (visto che tu, Giuseppe, eri del mestiere) per una esposizione di falegnameria?
Come si ripete la storia! Ora capisco perché l’evangelista Luca che ha descritto con tanti particolari la è notte santa è abbia usato una sola frase per dipingere la “notte empia”: lo deposero in una mangiatoia perché per loro non c’era posto.
Una mangiatoia: che clinica di lusso per il figlio di Dio!
Chiudo perché mi hanno chiamato a inaugurare un presepe. Ci saranno molte autorità e il vescovo non può mancare.
Ma ho paura che stasera là, in quel presepe, voi, Maria e Giuseppe, non ci sarete. E neppure il bambino Gesù.
Chi sa, sarete forse sulla provinciale Molfetta-Terlizzi, nello sconnesso tugurio dove, dopo venti secoli di civiltà cristiana, siete stati ridotti ancora una volta a trovare un rifugio di fortuna.
Ma, prima di lasciarvi, voglio implorare da voi per me, per le mie città, per gli uomini tutti, una enorme benedizione. Fateci riscoprire la gioia di donare.
Metteteci nell’anima una grande speranza. Cambiateci questo vecchio, arido cuore. Se ci date una mano, saremo ancora capaci di accoglienze generose.
E allora, nell’immensa “sala travaglio” del mondo, echeggerà il vagito di un bambino che sopravanzerà l’urlo convulso della terra partoriente. E sul volto contratto di questa nostra antica giovanissima madre, puerpera dolce e disperata, splendida e violenta, un sorriso di indicibile tenerezza saluterà la nascita dell'”uomo nuovo”. Fatto davvero a immagine del vostro Gesù.

Don Tonino Bello, Alla finestra la speranza, ed. Paoline, 1988