“C’era una volta una grande montagna così orgogliosa della propria durezza che spesso cercava di scrollarsi di dosso tutte quelle parti di roccia meno dure e più friabili che, a suo parere, le facevano fare brutta figura. La grande montagna non accettava quelle parti di sé perché l’avrebbero fatta apparire debole e perdente di fronte al vento, al sole, alla pioggia e al freddo (che ingrossava le sacche d’acqua penetrata nelle crepe, trasformandole in ghiaccio e deturpando le sue maestose pareti). La grande montagna si scrollava spesso di quei pezzi di roccia perché voleva apparire forte, tutta d’un pezzo, insomma, senza crepe.
Fra tutti i pezzi di roccia ve n’era uno, però, che la grande montagna non riusciva a staccare da sé, poiché era un pezzo abbastanza grosso. Il suo nome era «Frib» (l’abbreviazione di «Friabile»). La grande montagna litigava spesso con questo pezzo di roccia, rimproverandolo aspramente: «Frib! Qui non c’è posto per te perché tu sei perdente! Le alte vette dei monti sono per i duri e per i migliori. Il tuo posto è giù, a valle!». Così il pezzo di roccia, che non rispondeva mai (perché gli avevano insegnato che non bisogna mai controbattere i più grandi) si sentiva umiliato e sempre più inutile. Quotidianamente vedeva frantumarsi il suo sogno di sempre: diventare la punta di un’alta montagna per poter toccare almeno una di quelle attraenti ed affascinanti luci che ogni sera, all’imbrunire, cominciano ad accendersi nel cielo.
Un giorno la montagna, ormai stufa anche di lamentarsi, provocando una forte scossa, riuscì a scrollarsi di dosso il pezzo di roccia Frib che, nel dispiacere più grande, si ritrovò giù, a valle. Ormai le luci del cielo erano ancora più piccole e più irraggiungibili di prima.
Fra tutte le stelle del cielo ve n’era una con cui Frib dialogava spesso. Anch’essa non era benvoluta poiché era la più piccola e la meno luminosa del cielo e perciò, a parere delle altre stelle, era la meno osservata ed apprezzata anche dagli uomini. Il suo nome era «Lucina» (per via delta piccola luce che trasmetteva). Il grande sogno di questa stella era di non restare sempre allo stesso punto, ma di poter viaggiare nel cielo e di accorciare le distanze con il suo amico Frib.
Col passare del tempo, il vento, la pioggia e le intemperie varie colpirono Frib, aprendogli un varco sulla facciata anteriore e corrodendo il suo interno. La roccia Frib si sentiva peggio di prima perché ora provava un grande senso di vuoto interiore: era diventato ormai una grotta!
Un bel giorno la stella polare (capo delle stelle) convocò tutte le stelle dei cielo chiedendo la disponibilità di una di esse per una missione assai pericolosa, ma molto importante: illuminare il cielo consumandosi, per trasmettere un messaggio agli uomini. Le stelle più belle, le più grandi e le più coraggiose fecero silenzio: erano troppo orgogliose per consumarsi nel cielo. Così, dal silenzio, si fece avanti una voce piccina: era la piccola stella Lucina che si offriva volontaria.
La notte seguente la piccola stella cominciò a muoversi, con sua grande meraviglia, lasciando dietro di sé una lunga scia luminosa. Lucina si sentiva consumare, ma era felicissima perché si muoveva proprio in direzione del suo amico Frib. Pur essendo la più piccola delle stelle, Lucina stava dando una lezione di vita e di grande coraggio a tutte le altre: adesso era una cometa e gli occhi di tutto il mondo erano su di lei. Nel frattempo Frib vide una famiglia in cerca di rifugio e la sua gioia fu grandissima quando questa piccola famiglia, oltre ad aver trovato rifugio da lui, diede alla luce un bambino. Il pezzo di roccia inutile e svuotato, perché friabile, era diventato una casa accogliente ed importante per la vita di quella famiglia.
Molti pastori e gente povera venne ad inchinarsi di fronte a quel bambino: era il Figlio di Dio!
Il pezzo di roccia era diventato la casa di Dio e la piccola stella la strada per incontrarlo.
Nella vita, solo chi mette da parte il proprio orgoglio e sa essere umile può accogliere davvero il «Dio che viene», come la grotta, ed indicarlo presente nei mondo, come la piccola stella.”
(da “La Grotta e La Stella”, ELLEDICI)