1. Un villaggio sperduto. Chi percorresse la strada che, attraverso un paesaggio verde e lussureggiante durante la stagione delle piogge si fa poi desertico e assolato dove soppravvivono solo cactus e mezquites per il resto dell’anno, va da San Miguel el Alto a Jalostotitlán, nella regione chiamata Los Altos de Jalisco (Esp), un altopiano a 2000 metri di altezza s.l.m., dico, chi percorresse quella strada vedrebbe, a 18 km. da San Miguel, sulla destra, quasi sorgere dal nulla, un arco trionfale di recente costruzione sotto il quale si diparte una strada che sparisce improvvisamente in una valle nascosta. Se poi, preso dall’affascinante invito che l’arco di trionfo offre a varcarlo, prendesse per quella stradetta e la seguisse, giungerebbe dopo pochi kilometri al rancho de Santa Ana de Guadalupe, meta da alcuni anni in qua di numerosi pellegrinaggi. Anch’io, portato, lo confesso, da una curiosità europeizzante di marca illuminista, in altre parole, portato dall’interesse di vedere un fenomeno di costume, indubbiamente interessante dal punto di vista etnologico, varcai l’arco invitante e mi incamminai verso Santa Ana. Ma, lì giunto, incontrai il mistero. Nessuno conosceva Santa Ana de Guadalupe, che era un paesino sperduto come mille nel mondo, fino a quando il papa Giovanni Paolo beatificò e poi canonizzò, il 21 di maggio del 2000, San Toribio Romo. Da allora avevo sentito dire che era diventato una meta sempre più frequentata, in particolare dai messicani che, non avendo un visto d’ingresso per gli Stati Uniti, cercano di passare attraverso il Rio Grande o attraverso il deserto. Era Toribio un giovane sacerdote da poco ordinato quando si scatenò la persecuzione contro la chiesa negli anni dal 1926 al 1929.
Molti sacerdoti dovettero fuggire 1. Egli invece, con altri, non volle lasciare la sua parrocchia fino a quando affrontò il martirio nella notte del 25 febbraio del 1928. Lo sorpresero nel sonno i soldati: “Sí, sono il parroco, ma non uccidetemi”. Una scarica di fucileria lo stroncò. In quegli anni vari sacerdoti e laici offrirono la loro vita per testimoniare la fedeltà a Cristo, proprio come nei primi due secoli della chiesa. Recentemente il papa ha rispettivamente beatificato e canonizzato vari di questi eroi della fede. E la gente ha risposto venerandone i corpi e la memoria, pellegrinando ai luoghi ove vissero, chiedendone l’intercessione.
2. Un santo illegale. Anch’io, dunque, giunsi al villaggio ed entrai nella chiesa, austera nella linearità della sua architettura. Una donna di età già avanzata, forse una catechista o una laica consacrata, stava narrando la vita di San Toribio. Mi sedetti in un banco in fondo alla chiesa. La gente, pellegrini giunti ad invocare l’aiuto e la protezione di San Toribio, ascoltava attentamente le parole quasi ispirate della donna le quali esprimevano una esistenziale fiducia in Dio. Ero andato, come dicevo, spinto da una certa curiosità rispettosa, ma fui conquistato dalla fede popolare e dalla semplice grandezza di quell’uomo. Ascoltai così la storia della sua breve vita, il racconto della sua morte annunciata ed infine la narrazione di qualche intervento miracoloso di Toribio in favore di ammalati o tribulati. Finito di narrare, la donna tacque e si sedette in un banco. Tutti stavano in silenzio. Cominciai a riflettere. Mi chiedevo, con un po’ ancora di quella curiosità che mi ci aveva portato, perchè mai fosse stato eletto a voce di popolo patrono degli emigranti illegali. Così mi alzai dal mio banco, avanzai fino a sedermi accanto a colei che aveva parlato e le chiesi il perchè. “Glielo spiego subito”, mi disse. Si alzò, prese di nuovo il microfono e cominciò a raccontare.
3. Un misterioso incontro. “Tre fratelli della regione di Michoacán, non trovando lavoro nella loro terra, decisero di emigrare per lavorare negli Stati Uniti ma non avevano il visto d’ingresso. Risolsero dunque di entrarvi passando il confine là dove c’è il deserto che, essendo difficile da passare, è quindi anche il luogo dove si può più facilmente eludere la sorveglianza della temuta polizia di frontiera, spesso crudele. Così dissero e così fecero. Si diressero al confine, lo passarono, entrarono nel deserto ma vi si perdettero. Avevano terminato l’acqua e il cibo e non sapevano dove dirigersi esattamente per uscire da quell’inferno. Erano stanchi eppure la forza di volontà li sosteneva. Fin quando uno dei tre disse agli altri due: “Non ce la faccio più, andate avanti voi, io resto qui e pregherò la Madonna di Guadalupe che vi aiuti”. Ma gli altri gli risposero: “Come potremmo noi andarcene e lasciarti qui a morire? Mettiamoci piuttosto tutti e tre a pregare la Madonna perchè ci salvi”. E cominciarono a recitare il rosario. Fu allora che, con loro meraviglia, videro arrivare un uomo giovane vestito di scuro. Egli offrì loro acqua e cibo, li condusse dove passava una strada e diede loro i soldi perchè potessero prender l’autobus di linea che passava di lì. Al momento di congedarsi disse: “Quando tornerete in patria, venite a trovarmi, vivo nel tal villaggio, chiedete di me”. E diede loro il suo nome. Stupiti gli chiesero “Ma tu non vivi qui?” “No, ci sono venuto per un incarico della mia padrona”. Ringraziarono e salutarono i tre fratelli il loro provvidenziale salvatore. Passò il tempo. Quando poi essi poterono ritornare a casa, non avendo dimenticato chi aveva loro salvato la vita in quella disperata circostanza, decisero di fargli visita e riuscirono a giungere allo sperduto villaggio di Santa Ana de Guadalupe. Chiesero se qualcuno conosceva un signore giovane ma di aspetto grave, che loro avevano conosciuto negli Stati Uniti, el señor Toribio, e cercavano di descriverlo. Ma nessuno sapeva dar loro informazione di dove vivesse. Delusi, stavano per tornare a casa; prima però vollero fare una visita in chiesa. Fu allora che riconobbero in questo quadro – e così dicendo la signora indicò quello che stava a un lato dell’altare – il loro misterioso salvatore”.
4. Un Natale bello e buono. Come io ho ascoltato questo racconto, così l’ho qui trascritto per voi, adattandolo alla forma italiana. È un racconto che ha il sapore dei fioretti di San Francesco, è bello e commovente, per questo ve lo mando come racconto per questo Natale 2004, giacchè, nonostante tutte le sovrastrutture che gli abbiamo messo addosso, il Natale ha sempre il sapore della bontà e della bellezza. Questo Signore che è nato in una stalla, continua a dare ai nostri cuori la gioia di camminare con noi e di aiutarci nelle necessità anche per mezzo dei suoi santi. Tanti, tanti auguri di un Natale bello e buono!
Franco Benigni sx (missionario saveriano)
1 Negli anni dal 1926 al 1929, il Messico conobbe un momento drammatico della sua storia. Si scatenò una guerra civile accompagnata dalla persecuzione religiosa. Le relazioni tra chiesa e stato – nel senso di rapporti tra autorità ecclesiastiche e autorità civili – fin dal tempo dell’indipendenza non erano mai state eccellenti, tuttavia si era raggiunto un certo modus vivendi che aveva permesso alla chiesa di tirare avanti. Ma nel 1926 il presidente Calles promulgò las leyes especiales con le quali pretendeva disciplinare, attraverso gravi limitazioni, la vita ecclesiastica, l’amministrazione dei sacramenti e la celebrazione delle altre funzioni religiose; la trasgressione di tali leggi era equiparata ai più gravi crimini penali, punibili anche con la morte. La risposta dell’episcopato messicano fu forse la più forte che i tempi e le condizioni potessero permettere: i vescovi sospesero il culto in tutto il Paese, convinti che il governo avrebbe ceduto, sotto la pressione dell’opinione popolare. Ma non fu così. E fu un dramma per un Paese cattolico. Il governo trattò da fuorilegge qualunque sacerdote che amministrasse i sacramenti. La gente si trovava privata dei mezzi per la salvezza. I cristiani allora scesero in campo per la difesa della chiesa perseguitata. E anche i laici che apertamente prendevano posizione per la chiesa furono oggetto della terribile persecuzione. Iniziò così la lotta al governo federale che si rese concreta in due movimenti: quello della resistenza non-violenta e quello invece della lotta armata. Quella guerra sanguinosa e fratricida fu detta laCristiada. La lotta, per quanto impari, si concluse senza vinti né vincitori nel 1929, con los arreglos, cioè con gli accordi per un modus vivendi tra chiesa e stato. Lo stato dovette riconoscere il peso e il valore della chiesa in Messico, e la chiesa dovette accettare certe limitazioni che lo stato le metteva.