Nel 1952 Quasimodo scrive una poesia per il figlio Alessandro “Natale”. Su questa poesia però Alessandro ha scritto come sono andati veramente i fatti: ecco il racconto di Alessandro Quasimodo.
«Ero in terza media e un professore ha avuto la felicissima idea di spiegarci la metrica. Il professore ha detto poi agli alunni di scrivere un bel sonetto sul Natale. I professori si aspettavano sempre qualcosa di diverso, non dico né in bene né in male, ma senz’altro qualcosa di particolare. Quando andavo bene dicevano: “Tanto c’è suo padre a casa che lo aiuta”. Se invece facevo male dicevano: “Eh, certo, i figli dei geni sono sempre degli imbecilli” e la regola non si smentiva. Qualche giorno prima del rientro a scuola, mio padre si è seduto con me alla scrivania ed è nata questa poesia, il cui contenuto è assolutamente mio, sebbene qualcuno lo abbia messo in dubbio, abbia trovato troppo precoci queste idee per un bambino di 13 anni e la metrica è sua. La poesia ha avuto un 8 a scuola e io, abituato a prendere 7, non mi sono sentito molto in colpa. Ho detto: “Beh, un punto, in più l’ha preso lui”, anzi, ho pensato: «Ma come, con la collaborazione di un poeta come Quasimodo, soltanto un voto in più?». Sono rimasto, forse, un po’ deluso».
Ecco il testo della poesia:
Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla dei Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
nelle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende
e l’asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?