Moni Ovadia
Il sessantaduesimo anniversario dell’apertura dei cancelli di Auschwitz il 27 gennaio del 1945, si sta avvicinando. Anche il nostro paese, da qualche anno, ha istituito in concomitanza con quella ricorrenza, “Il Giorno della memoria”.
Le fonti di informazione cominciano a moltiplicare i loro interventi sull’argomento. La televisione si prepara a ricordare l’evento già da diversi giorni. Rai 1, martedì scorso, ha trasmesso “La Caduta” film sugli ultimi giorni di Adolf Hitler nel bunker di Berlino e l’immarcescibile Bruno Vespa, specializzato in trasmissioni affettuose sul Duce, ha dedicato al commento del film, una trasmissione di “Porta a Porta” presenti alcuni sopravvissuti ai lager e alle stragi naziste, con psicologi e storici.
Quest’anno l’anniversario cade nel clima avvelenato di un nuovo negazionismo promosso per ragioni strumentali e propagandistiche, dal presidente iraniano Ahmadinejiad e che trova seguaci in alcuni paesi ex comunisti del centro-est Europa alle prese con una difficile ricostruzione identitaria e naturalmente entusiasma tutte le forze dell’estrema destra europea.
Il negazionismo è in sé un’evidente idiozia logica, perché se si dà credito agli argomenti di cui si fa forte, ogni evento storico, ogni verità documentata e persino ogni certezza personale o anagrafica, può essere messa in discussione, soggetta all’imputazione di essere frutto di manipolazione e via dicendo. Ma anche se ottusamente illogico, il negazionismo rimane un pericolo perché può divenire uno strumento di inquinamento di fatti acclarati a danno dei meno consapevoli e informati.
E’ bene non dimenticare mai il monito di Orwell: “Chi controlla il passato, controlla il presente e chi controlla il presente controlla il futuro”.
Il Cancelliere della Repubblica Federale tedesca Angela Merkel, per rispondere al rigurgito negazionista ha proposto di istituire in tutti i paesi dell’Europa comunitaria il reato penale di “negazione della Shoà”. Anche in Italia c’è chi ha raccolto la sollecitazione.
Ma la questione principale della memoria è a mio parere un’altra. Se la memoria non è uno strumento di costruzione del futuro, se non viene sottratta alle forme retoriche della routine, rischia di diventare un boomerang. Per evitare una simile pericolosa eventualità, è urgente vivificare il senso ultimo della Shoà nella battaglia contro ogni forma di razzismo, di sopraffazione, di offesa alla dignità e al diritto degli uomini, di ogni uomo. Solo il legame con le grandi battaglie per l’uguaglianza, per la pace, per la giustizia sociale, per la sacralità universale di ogni esistenza umana tiene viva quella memoria e la rilancia eticamente contro l’inaridimento celebrativo e l’isterilirsi nelle forme museali che ne fanno una comoda copertura delle false coscienze.
Certi politici di casa nostra il 27 gennaio indossano l’espressione di circostanza, partecipano a qualche cerimonia, fanno tre moine all’attuale governo israeliano, così per il resto dell’anno si danno a legittimare il peggior revisionismo che riabilita il crimine fascista, coccolano il ricordo del criminale di guerra Benito Mussolini, sostengono provvedimenti xenofobi, tollerano ed elogiano i CPT che, pur fatte le debite differenze, sul piano etico e giuridico hanno la forma del lager.
Questi politici sputano sulla Costituzione repubblicana, si alleano con i gruppuscoli nazifascisti lasciandoli liberi di scorazzare bardati dei più lugubri simboli e gesti del Regime violando sistematicamente la Legge.
Il modo migliore di onorare la memoria, è opporsi a questo schifo e costruire un mondo libero da ogni fascismo, politico ed economico. E’ bene non dimenticare mai che la Shoà ha colpito innanzitutto l’essere umano. Lo ha negato nell’ebreo, nello zingaro, nell’oppositore politico, nell’omosessuale, nel testimone di Geova, nel menomato fisico e mentale e in chiunque disse no a quella barbarie. Per questo un grande testimone che visse sulla propria pelle la disumanizzazione, Primo Levi, scrisse Se questo è un uomo.
Ogni uso capzioso della Shoà è sbagliato ed ingiusto anche quando è fatto dai politici israeliani per legittimarsi. Il sacrosanto diritto di Israele all’esistenza e alla sicurezza, deve poggiare sui solidi argomenti autonomi del Diritto internazionale. La riduzione della memoria della Shoà a propaganda, è un vulnus alla memoria stessa, al suo significato universale e alla sua verità.