591
Gesù ha chiesto alle autorità religiose di Gerusalemme di credere in lui a causa delle opere del Padre che egli compiva. Un tale atto di fede, perché, doveva passare attraverso una misteriosa morte a se stessi per una rinascita dall’alto (GV 3,7), sotto lo stimolo della grazia divina. Una simile esigenza di conversione di fronte a un cosi sorprendente compimento delle promesse permette di capire il tragico disprezzo del sinedrio che ha stimato Gesù meritevole di morte perché‚ bestemmiatore. I suoi membri agivano cosi per ignoranza e al tempo stesso per l’indurimento (Mc 3,5; RM 11,25) dell’incredulità.
592
In sintesi Gesù non ha abolito la Legge del Sinai, ma l’ha portata a compimento con una tale perfezione da rivelarne il senso ultimo e da riscattarne le trasgressioni.
593
Gesù ha venerato il Tempio salendovi in occasione delle feste giudaiche di pellegrinaggio e ha amato di un amore geloso questa dimora di Dio in mezzo agli uomini. Il Tempio prefigura il suo Mistero. Se ne predice la distruzione, è per manifestare la sua propria uccisione e l’inizio di una nuova epoca della storia della salvezza, nella quale il suo Corpo sarà il Tempio definitivo.
594
Gesù ha compiuto azioni, quale il perdono dei peccati, che lo hanno rivelato come il Dio Salvatore. Alcuni Giudei, i quali non riconoscevano il Dio fatto uomo, ma vedevano in lui un uomo che si faceva Dio (GV 10,33), l’hanno giudicato un bestemmiatore.
595 Divisioni delle autorità ebraiche a riguardo di Gesù
Tra le autorità religiose di Gerusalemme non ci sono stati solamente il fariseo Nicodemo o il notabile Giuseppe di Arimatea ad essere, di nascosto, discepoli di Gesù, ma a proposito di lui sono sorti dissensi per lungo tempo al punto che alla vigilia stessa della sua passione, san Giovanni può dire di essi che molti credettero in lui anche se in maniera assai imperfetta (GV 12,42). La cosa non ha nulla di sorprendente se si tiene presente che all’indomani della Pentecoste un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede (At 6,7) e che alcuni della setta dei farisei erano diventati credenti (At 15,5) al punto che san Giacomo pur dire a san Paolo che parecchie migliaia di Giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente attaccati alla Legge (At 21,20).
596
Le autorità religiose di Gerusalemme non sono state unanimi nella condotta da tenere nei riguardi di Gesù. I farisei hanno minacciato di scomunica coloro che lo avrebbero seguito. A coloro che temevano che tutti avrebbero creduto in lui e i Romani sarebbero venuti e avrebbero distrutto il loro Luogo santo e la loro nazione il sommo sacerdote Caifa propose profetizzando: E’ meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera (GV 11,4950). Il Sinedrio, avendo dichiarato Gesù reo di morte (MT 26,66) in quanto bestemmiatore, ma avendo perduto il diritto di mettere a morte, consegna Gesù ai Romani accusandolo di rivolta politica, cosa che lo mettere alla pari con Barabba accusato di sommossa (Lc 23,19). Sono anche minacce politiche quelle che i sommi sacerdoti esercitano su Pilato perché‚ egli condanni a morte Gesù.
597
Gli Ebrei non sono collettivamente responsabili della morte di Gesù Tenendo conto della complessità storica del processo di Gesù espressa nei racconti evangelici, e quale possa essere il peccato personale dei protagonisti del processo (Giuda, il Sinedrio, Pilato), che Dio solo conosce, non si può attribuirne la responsabilità all’insieme degli Ebrei di Gerusalemme, malgrado le grida di una folla manipolata e i rimproveri collettivi contenuti negli appelli alla conversione dopo la Pentecoste. Gesù stesso perdonando sulla croce e Pietro sul suo esempio, hanno riconosciuto l’ignoranza (At 3,17) degli Ebrei di Gerusalemme ed anche dei loro capi. Ancor meno si può, a partire dal grido del popolo: Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli (MT 27,25) che è una formula di ratificazione, estendere la responsabilità agli altri Ebrei nel tempo e nello spazio: Molto bene la Chiesa ha dichiarato nel Concilio Vaticano II: Quanto è stato commesso durante la Passione non può essere imputato‚ indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, agli Ebrei del nostro tempo Gli Ebrei non devono essere presentati n‚ come rigettati da Dio, n‚ come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura.
598 Tutti i peccatori furono gli autori della Passione di Cristo
La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle sofferenze del divino Redentore. Tenendo conto del fatto che i nostri peccati offendono Cristo stesso, la Chiesa non esita ad imputare ai cristiani la responsabilità pi grave nel supplizio di Gesù, responsabilità che troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli Ebrei: E’ chiaro che pi gravemente colpevoli sono coloro che pi spesso ricadono nel peccato. Se infatti le nostre colpe hanno tratto Cristo al supplizio della croce, coloro che si immergono nell’iniquità crocifiggono nuovamente, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo scherniscono con un delitto ben pi grave in loro che non negli Ebrei. Questi infatti afferma san Paolo non avrebbero crocifisso Gesù se lo avessero conosciuto come re divino. Noi cristiani, invece, pur confessando di conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con le nostre opere e leviamo contro di lui le nostre mani violente e peccatrici. E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e ancora lo crocifiggi, quando ti diletti nei vizi e nei peccati. II. La morte redentrice di Cristo nel disegno divino della salvezza
599 Gesù consegnato secondo il disegno prestabilito di Dio
La morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso in un concorso sfavorevole di circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di Dio, come spiega san Pietro agli Ebrei di Gerusalemme fin dal suo primo discorso di Pentecoste: Egli fu consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio (At 2,23). Questo linguaggio biblico non significa che quelli che hanno consegnato Gesù (At 3,13) siano stati solo esecutori passivi di una vicenda scritta in precedenza da Dio.